bLED


“Les fleurs sont les esprits des plantes
Qui suis-je ?
Une lampe-fleur
dans le vent”

I fiori sono le anime delle piante
Chi sono?
Un fiore-lampada
Nel vento

Ecco la nostra proposta per il concorso Progetti di Luce 2008.
Ho lavorato a questo progetto insieme al mio professore Jacques Louis Famery, designer-architetto, autore dell’abbastanza famosa sedia Kaleidoscope. Ecco il testo di presentazione al concorso:

bLED (in francese “cerale”) riunisce con semplicità ed elegenza forme naturali, risparmio energetico, versatilità.
Come una spiga di grano, puo’ aprirsi con manipolazioni semplici ed immediate. Tre diffusori di luce, la cui forma ricorda forse quella di una foglia, si avviluppano attorno un Tubo Led verticale a basso consumo.

I diffusori, composti da una leggera struttura di aste flessibili e un rivestimento in textile traslucido, possono essere spostati tramite un semplice gesto grazie a tre barrette che sporgono all’estremità superiore della foglia.
La configurazione è libera, aperta per un massimo di efficienza luminosa oppure chiusa per una luce dolce e soffusa. Le tre foglie creano sovrapposizioni di ombre sempre nuove, giochi di pieni e vuoti, la loro interazione crea una magia relazionale che rende l’oggetto vivente.

Il basamento ed il Tubo Led sono concepiti indipendentemente dalle foglie, che possono essere intercambiate tramite un sistema di fissaggio intuitivo. Questo apre molteplici possibililità di personalizzazione a seconda delle preferenze e degli usi, e permette inoltre di cambiare nel tempo i colori, le luci, le atmosfere.

bLED proporre un sistema di filtraggio della luce tramite tre elementi distinti e independenti che sviluppano delle relazioni, e questo rende possibili una flessibilità d’uso, di forme e di cambiamento altrimenti impossibili.

IMMAGINOTECA SOUVENIR#1 : Habiter et technologies nouvelles

(english text further down)

Con questo post ne inauguro tutta una serie, che ho chiamato SOUVENIR perché sono cose più o meno vecchie che ritiro fuori da posti vari. All’epoca non c’erano i blog, ora si’. Quindi eccolo qua, il souvenir numero 1, un lavoro che avevo fatto alla scuola della Villette mentre ero in Erasmus. Il corso si chiama Habiter et technologies nouvelles di Jean Magerand (più altri due simpaticissimi e bravissimi prof di cui non ho ritrovato il nome).

E’ un lavoro di teoria progettuale: si tratta di elaborare nuove forme d’uso e le architetture che ne conseguono a partire da uno studio iniziale completamente astratto è che ha qualcosa di delirante, almeno nel mio caso (mi chiamano farneticante non a caso). Ritrovando dopo anni queste slide la prima cosa che mi sono detto è stata: “Stavi proprio fuori” :_)
Io ero partito dallo studio del connessionismo.
Le immagini qui sotto fanno parte della prima parte del lavoro, quella appunta teorica, sulla metologia architettonica. Il resto era meno interessante…Il corso è stato veramente bello, e ricordo con simpatia quando uno dei professori mi ha detto “Votre problème est que vous croyez en des choses qui n’existent pas” (“il suo problema è che lei crede in cose che non esistono”). E io l’avevo preso come un complimento!

E anche interessante per me notare, con gli occhi di oggi, come le riflessioni che facevano all’epoca erano molto simili al mio modo, oggi, di pensare alla rivoluzione di Internet. E non sono il solo.

This theoretical work explores new ideas for landscape and architecture moving from a preliminary totally abstract study. Starting from the topical issue of connectivity, first step consist of an intellectual speculation on this concept. Connectionism is an approach in the fields of artificial intelligence, cognitive psychology and neuroscience. It models mental and behavioral phenomenas as the emergent process of interconnected networks of simple units.
Afterward, the study of vibrating systems – typical of connectionism – and the concept of stability are used to model new usages and new representation in architectural design. The result is an approach based on mixed and undefined spaces as originating flexible and open architectural systems.






NOT IN MY NAME

Grazie a Marina, che da un po’ sta partecipando a Italiae.tv, ho scoperto questo progetto su internet: NOT IN MY NAME. Ve lo consiglio se volete condividere una vostra foto come quella qui sopra. Nonostante la mia espressione “seriosa”, in realtà è qualcosa che ho fatto sorridendo. Per me non è un gesto politico, visto che credo che politicamente la cosa migliore che noi giovani possiamo fare è smettere di parlare di Berlusconi, come dice Domenico su Italiae.
Pero’ quest’idea delle foto mi è sembrata molto simpatica. Sarà che sono un po’ narcisista, sarà che vivo all’estero e quindi ho voglia di scrivere da qualche parte che sono italiano e fiero di esserlo, sarà che finalmente a casa abbiamo una macchina digitale,non lo so…vedete voi.

Italiae, di cui abbiamo parlato precendemente in questo blog, è un social network di italiani all’estero, che ha lo scopo di creare una nuova visione collettiva dell’italia. La partecipazione è libera e gratuita.
www.italiae.tv

Le fils du patron et le fils de l’agriculteur


Il y a 4 ans, dans une soirée, j’ai connu Gaëtan Kohler.
Moi déjà architecte, lui encore étudiant à l’époque.
A part nos “échanges architecturales” (tous ceux qui ont des amis architectes savent ce que ça veut dire passer des heures à les entendre parler d’architecture), ce que j’ai le plus retenu de ce soir c’est un détail mignon: Gaëtan se définissait, parlant de ses origines, comme “le fils du patron”, son père étant un industriel (du textile je crois). Moi j’ai grandi à la campagne, mon père est agriculteur et il élève encore aujourd’hui des cochons pour en faire des jambons. Je réfléchissais ce soir avec un petit sourire que, à part nos origines très différentes, moi et Gaëtan on se retrouve aujourd’hui non seulement à partager beaucoup d’intérêts et de rêves sur l’architecture et sur la vie, mais aussi à travailler, depuis pas longtemps, dans la même agence d’architecture HDA.
Quand la mixité sociale n’est pas que du bla bla bla…
A part ça, on mange aussi parfois ensemble les jambons dont j’ai parlé et on a fait un concours ensemble qui s’appelle “la peau de la lune” (avec, aussi, Marco Riccobelli e Domenico Di Siena).

C’est juste pour lui faire un peu du pub, c’est que j’aime beaucoup ce qu’il font, lui et ses collègues de Oz Collective. Gaëtan est aujourd’hui architecte, il a gagné plusieurs concours, parmi lesquels le très connu Advanced Architecture Contest, et il est co-auteur, avec Alexandre Pachiaudi, du superbe Abri n°177, affiché dans l’image ci-dessus, qui a était exposé dernièrement à Paris à la galerie Filles du Calvaire.
Enfin, surtout, il est aussi auteur du plus beau commentaire de ce blog…