APERTURE URBANE

Os presento aqui un texto que estamos trabajando con los de #thinkark para una convocatoria en Milano sobre URBAN HYBRIDATION.

URBAN APERTURE >
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POROSITY AS A NEW MODEL FOR HYBRID PUBLIC SPACES >

Topics
# Urban Pore/porosity
# Hybrid typologies of public urban spaces
# Hybridization design strategies and case-study in urban, landscape or architectural design

Abstract
Desde hace aproximadamente 20 años, la revolución de las comunicaciones producida por Internet ha afectado de forma substancial nuestra forma de relacionarnos con el mundo. Esto ha producido, entre otros efectos, una corrupción de la oposición tradicionalmente reconocida entre real y virtual. Se nos presenta así un nuevo paradigma que dibuja la realidad como un sistema complejo de relaciones entre la capa « presencial » (física) y la virtual. Los arquitectos y los urbanistas ya no pueden prescindir de esta nueva realidad aumentada que hemos traducido, en el ámbito urbano, con la expresión « espacios públicos híbridos ».

Esta hibridación de los espacios es solo una expresión de un cambio radical más amplio que nos traslada desde un sistema analítico (orden y separación) a otro sintético (complejidad, conexión, permeabilidad). En un sistema caracterizado por una alta capacidad de comunicación, si el espacio se vuelve una realidad mixta de presencia y virtualidad, de la misma manera la separación entre espacio privado y público se vuelve obsoleta.

En esta teoría de la permeabilidad urbana es fundamental el concepto de filtro urbano, es decir un nuevo dispositivo (¿tecnológico? ¿arquitectónico? ¿social? ¿cultural?) capaz de gestionar las conexiones privado/público, presencial/virtual, en un sistema donde los canales no se presentan por separado si no que son comunicantes – APERTURE -. En este modelo, el espacio público se define como aquel en el que la información puede circular libremente. Dicha información pública está formada por las comunicaciones de los canales privados tamizados por los filtros urbanos. Desde nuestra visión la función de filtro non puede ser automatizada: solo las personas, a través de su sensibilidad y sus emociones, pueden resolver esta función de discernimiento.

Nuestra teoría permitiría pasar de una visión tecnocéntrica hacia una antropocéntrica, restituyendo al hombre a su posición natural de espiritualidad y de inteligencia.

Referencias:
THE BIG REAL
Percorsi emotivi
Meipi

IMAGINARIO e Spazi Pubblici Ibridi / Intervista

Il collettivo IMAGINARIO è un gruppo di ricerca indipendente, a cui partecipo insieme a Domenico Di Siena e Alfonso Sanchez Uzabal, che si interessa a temi di creatività urbana e all’applicazione delle nuove tecnologie della comunicazione per la gestione del territorio e dello spazio socio-urbano.
IMAGINARIO ha presentato la sua teoria dello spazio pubblico alla conferenza Hyperurbain à Parigi e, quest’estate, ha partecipato all’incontro di Cartografia Ciudadana a Gijon dive ha presentato il progetto di cartografia participativa MEIPI.

Nell’ambito di queste ricerche, Domenico Di Siena sta effettuando una serie di brevi interviste (4 domande) per la sua tesi di Dottorato sugli Spazi Pubblici Ibridi, con l’obiettivo di riunire tutto in una pagina web e in una pubblicazione cartacea.
Presento di seguito le mie risposte e vi invito a rispondere alle domande se siete interessati.

1 – Che cosa intendi per spazio pubblico? (definizione)
Tradizionalmente, lo spazio pubblico è stato definito, in contrapposizione allo spazio privato, come quel luogo dove ogni cittadino aveva il diritto di circolare liberamente. E’ evidente come questa visione interpreti la specificità dello spazio pubblico come qualcosa strettamente legato alla sua fisicità – il diritto del corpo di circolare liberamente.
Nell’era contemporanea, caratterizzata dalla rivoluzione dei sistemi di comunicazione, la realtà tende a configurarsi come una struttura che percepiamo come multistrato, di cui la fisicità non è altro che uno dei tanti livelli.
L’ipotesi dell’esistenza di fattori non fisici del mondo non è chiaramente una novità della nostra epoca; piuttosto, quello che sta cambiando è che questi elementi volatili diventano sempre più strutturanti per la percezione della realtà e dello spazio. Le micro-comunicazioni si moltiplicano, e con esse i contenuti che costituiscono la realtà.
Una grande parte dell’universo di impressioni che sono tradizionalmente state considerate come appartenenti alla sfera privata, si trasformano oggi in contenuti di comunicazione che viaggiano – circolano – per mezzo di diverse tecnologie, tutte con un valore di pubblicità più o meno elevato. Questo trasferimento ci porta a concludere che la tradizionale contrapposizione fra l’intimo -privato- e il pubblico, su cui si basa la definizione riportata sopra, risulta oggi antiquata. Il modello binario di opposizione privato/pubblico lascia spazio a un modello di spazi compenetrati – è quasi inevitabile non ricordare qui, seppur in modo barbaro, la modernità liquida di Bauman.
Alla luce di queste considerazioni, e per analogia con la definizione tradizionale riportata sopra, definirei lo spazio pubblico come quello spazio dove l’informazione puo’ circolare liberamente, il che equivale alla libertà di comunicazione. Dal punto di vista sociologico, questa definizione propone una visione relazionale dello spazio pubblico – il luogo delle relazioni.

2 – Come qualificheresti lo spazio pubblico delle città di oggi?
Confuso. Credo che ci sia una grande confusione sulla funzione dello spazio pubblico. Le strade servono a spostarsi da un punto all’altro – nodi – della città e le piazze vengono per lo più utilizzate per manifestare – protestare – o più spesso come semplice bene di consumo per turisti. In questo senso, gli spazi pubblici sembrano aver perso il loro ruolo di catalizzatore di creazione collettiva, quel processo che genera il valore aggiunto della città e che l’hanno storicamente resa qualcosa in più che una semplice densificazione di abitanti, lavoro e opportunità.
La manifestazione o la protesta sono certamente delle attività fondamentali per il cittadino ma, a differenza della creazione collettiva – azione –, rispondono a un modello di organizzazione verticale –reazione.

3 – Come lo cambieresti?
Vorrei rispondere partendo da questa riflessione: nonostante io sia architetto, se mi dicessero “prendi questa piazza e fanne un buon spazio pubblico” non saprei cosa fare. Disegnare una facciata, progettare un appartamento o ideare una passerella sarebbe invece molto più facile. Perché?
Se penso allo spazio pubblico come luogo della creazione collettiva, come lo spazio dove i cittadini scambiano liberamente informazioni – comunicano – e di conseguenza creano, mi viene subito in mente che i processi di creazione architettonica e urbanistica tradizionali hanno invece tendenza a imporre una creazione d’architetto. Per questo credo che il progetto della spazio pubblico sia complicato. Come ho già detto non ho un’idea precisa, ho solo suggestioni che ancora non sono organizzate. Credo che lo spazio pubblico delle comunicazioni – quello contemporaneo – avrà a che fare con la nozione di vuoto e di contenitore. Il vuoto è qui inteso come qualcosa che si contrappone a una definizione precisa: lo spazio pubblico, essendo generatore di attività autoorganizzate, dovrà presentare un carattere di contenitore attrezzato per accogliere contenuti. La piazza potrebbe diventare una scatola tecnologicamente dotata -connessa- a disposizione dei cittadini. Si potrebbe parlare di spazio bianco, un vuoto nella città inteso come luogo senza definizione, dove i cittadini hanno il diritto di creare.

4 – Che ruolo potrebbero giocare le nuove tecnologie in questo cambiamento? (spazi ibridi)
Credo che le tecnologie contemporanee abbiano un ruolo fondamentale nella realizzazione di un trasferimento percettivo della realtà, che muta una volta per tutte da una struttura monostrato (o al massimo bipolare – materiale/immateriale –) a una struttura multistrato, in cui gli spazi sono il risultato delle intersezioni di vari livelli. Oserei dire che la separazione fra la materia e lo spirito si fa sempre più confusa, e questa è una delle chiavi del cambiamento epocale che stiamo vivendo. Le tecnologie delle comunicazioni –Internet…- non sono più relegate al mondo virtuale, ma si aggiungono allo spazio fisico e lo modificano.
Sicuramente le nuove tecnologie stanno apportando cambiamenti strutturali molto rapidi e totalmente innovativi. In dieci anni la nostra vita quotidiana ne è stata profondamente condizionata. Ma credo che questo sia soltanto l’aspetto più superficiale di un cambiamento che invece ritengo molto più profondo.
L’aspetto più emozionante è il fatto che Internet e le sue dinamiche stiano diventando un modello per l’organizzazione della realtà, e questo ci riporta in particolare agli spazi pubblici. La diffusione massiva di Internet e la sua struttura orizzontale e interattiva ha aperto un universo completamente nuovo i cui ingredienti fondamentali sono la libertà, l’intercambio e la trasparenza, cose che spesso vengono meno negli spazi pubblici delle città contemporanee. E’ per me molto interessante notare che ora questi presupposti quasi vitali per la società, riscoperti paradossalmente nello strato virtuale, si stiano trasformando in modelli per l’organizzazione – e la progettazione?- dello strato fisico.

Link di interesse:
Presentazione Hyperurbain, Paris
Presentazione Cartografia Ciudadana, Gijon

meipi OPEN/S

Je suis depuis hier à Gijón, au Nord de l’Espagne, avec l’équipe @meipi pour l’événement Cartographie Citoyenne au centre d’art Laboral. Hier, nous avons fait notre présentation du projet et nous avons profité de l’occasion pour annoncer meipi OPEN/S : meipi ouvre son code et passe à l’open source.
Désormais, vous pouvez télécharger le code source, le développer et l’installer sur votre propre page pour créer un meipi selon vos envies.

La nouvelle a été accueillie avec des applaudissements dans la salle et ceci nous a fait un grand plaisir, vu les efforts (culturels, de programmation et de diffusion) que nous avons fait pour effectuer ce passage. Nous espérons pouvoir générer une bonne communauté de développeurs pour faire avancer le projet Meipi de façon participative. De plus, nous avons pu faire la connaissance de Ivan de OpenStreetMap, qui nous a aider à intégrer OSM dans Meipi. Cette fonctionnalité sera bientôt disponible à tous.

Ce passage a été financé et favori par Pablo De Soto de hackitectura.net, déjà auteur de plusieurs meipi et organisateur de cet événement ou j’ai pu faire la connaissance de beaucoup de projets intéressants, parmi lequel je signale un projet français de MetaCarte présenté par Benjamin Cadon, avec qui on envisage de collaborer dans le futur.

Pour en savoir plus:

streaming de l’événement Cartographie Citoyenne (en espagnol, bientôt avec traduction en anglais)
le blog de Lot, auteur d’un des projets le plus inspirant que j’ai vu
qu’est-ce que un meipi?
membres participants à l’événement
Support de présentation de meipi
meipi OPEN/S en Google code
meipi OPEN/S en Google group
articles en espagnol sur meipi OPEN/S, et encore ici.



ARCHITECTURE IS NOT 2.0


Yo soy arquitecto – (y) ingeniero y trabajo en Paris, 7 rue Pecquay. En mi oficina se da una situación bastante curiosa que cada vez me resulta difícil de explicar a alguien que entre (un amigo, un cliente, y otros): es un espacio único, un open-space digamos, en donde todos trabajamos juntos. Somos unos 15 mas o menos. Las mesas están dividida por un pasaje linear. A la derecha somos nosotros de HDA_Paris y a la izquierda de ese pasillo esta Bernard Tschumi (BTuA). No, no trabajo para Tschumi, y no, HDA_Paris y Tschumi no son el mismo estudio de arquitectura. Nosotros somos una pequeña empresa de 7,8,9 personas con un jefe adorable (foto arriba) y nuestra estructura es completamente (y a veces lo juro, demasiado) horizontal. Nos han llamado los Bohemios de la arquitectura. Creo que cuando lo han dicho quieran insultarnos; aunque para mi fue algo muy positivo.

En fin, del otro lado del pasillo están los Tschumi, es decir las estrellas de la arquitectura.
Así que tengo dos ejemplo bastante contradictorio delante de mis ojos, y eso me suscita unas serie de reflexiones sobre el futuro de la arquitectura, y sobre todo de la figura del arquitecto.
Como @manufernandez describe muy claramente en este post, parece ser que “se acabaron los buenos tiempos de la arquitectura”. Con @urbanohumano los hemos llamado los dinosaurios de la arquitectura, con un paralelismo a los dinosaurios de la política italianas, estos políticos agarrados al pasado, destinados a la extinción y que que no se dan cuenta del nacimiento de una nueva generación de “bárbaros” (como dice Baricco) que traen una revolución cultural de grande proporciones. En la arquitectura quizás este pasando algo parecido. Diariamente veo exponentes de el “star system” de la arquitectura que se agarran a la defensa de los derechos de autores, de lo “no publicamos nuestro proyecto en los blogs”, arquitectos que ya no hablan de arquitectura si no de contactos y com com com. El arquitecto es como una multinacional discografica.
No pueden ser 2.0.

Pero ahora he llegado a la conclusión ante de la introducción. Todo esto nace por un post del muy interesante blog Ciudades a escala humana en donde ha salido este comentario de Andrès que ha dado origen a una discusion muy importante :
“Es curioso: cuantos buenos blogs sobre urbanismo y territorio, qué pocos (ninguno) sobre arquitectura, es para meditarlo.”
Y es lo que he hecho, meditarlo.
Lo que estoy intentando expresar no lo tengo muy claro, esto que escribo son más bien unas notas que, espero, van a provocar debate. Lo que creo es que los paradigmas de horizontalidad, de libre circulación, de link, de web 2.0 se aplican fácilmente al urbanismo, y hoy vemos blogs y investigaciones interesantes sobre web y ciudad, redes sociales virtuales y locales, y mucho mas. Para la arquitectura no puede ser lo mismo, el arquitectura no pude ser 2.0. Para que lo llegue a serlo tendrá que cambiar tan radicalmente que a lo mejor ni se llamara arquitectura.

La arquitectura está demasiado conectada con un sistema que tiende a dividir el productor del consumidor. El urbanismo también, pero la ciudad es un medio tan complejo que el urbanista no puede decir simplemente “esto (la ciudad) lo hago yo” (aunque bueno, no faltarían ejemplos en la historia). El arquitecto es un egocéntrico por definición y cultura. Desde sus estudios el arquitecto está acostumbrado en pensar en el, en sus gestos arquitectónicos, en su propiedad intelectual. La arquitectura es el resultado de una mezcla explosiva de creatividad, dinero y poder, que produce en muchos casos esos efectos conocidos de “delirio de omnipotencia” (Quien habla un poco francés puede leer mi I AM NOT JEAN NOUVEL). Hoy los cambios en la cultura y la informacion son radicales, y los star arquitectos se han quedado atras. Como todas las grande maquinas, la inercia es demasiado grande para responder a unos cambiamientos tan rápidos. Con IMAGINARIO, hemos dicho que la nueva arquitectura tendrá que tomar en cuenta las relaciones y la comunicación como nuevos materiales de construcción de los espacios. Estamos reflexionando sobre el concepto de arquitectura como contenedor vacio de actividades participativas o auto-generadas.

Mi intuición es que la idea de STAR ARQUITECTO, la noción del valor de los arquitectos como marcas (quiero un JEAN NOUVEL, quiero UN ZAHA HADID) va a desaparecer. Creo que los grandes arquitectos del futuro serán “les grand penseurs” (los grandes pensadores) de la arquitectura, que aplicaran teorías en el espacio físico, y que el proceso de construcción será necesariamente mas horizontal y participado.

Hyper-Local Internet

Voici la conclusion (la partie plus significative?) de notre (Imaginario) contribution à Hyperurbain2:

“A partir de ces réflexions nous avons souhaité fournir des pistes d’action pour l’utilisation des nouvelles technologies finalisées à la transformation et à l’amélioration de nos villes. Nous pouvons affirmer qu’il s’agit d’un véritable phénomène culturel qui prétend transformer l’espace physique par des expériences dans l’espace télématique, en traduisant les modèles virtuels en langage « présentiel » de la réalité. Ce mouvement encore multiforme et non organisé semblerait être alimenté par le rêve d’une ville capable de retrouver cette vitalité et ces libertés qui aujourd’hui semblent rester limitées au monde virtuel.”

De suite, la presentation de demain.